Il momento è arrivato, mi sono detta. Su Amiche di Fuso i temi di conversazione sono tanti, variegati e legati al tema dell’espatrio, della gestione familiare, degli shock culturali che affrontiamo durante la nostra permanenza all’estero e via discorrendo.Â
Ma cosa pensano i mariti di Fuso? Cioè quegli strani, mitici personaggi dei quali spesso parliamo, ma che raramente facciamo parlare?Â
Complice un marito di Fuso disponibile (il mio: Antonio, trentadue anni, pugliese doc, impiegato per una catena di alberghi che ci fa girare questo pazzo continente asiatico ormai da qualche anno) ecco cosa abbiamo chiesto a gran voce…
Come vivi la scelta di essere il responsabile di tutti gli spostamenti?Â
È una grande responsabilità , specialmente con una famiglia. Ogni spostamento deve tenere conto delle necessità di ognuno di noi. Ogni volta è un terno al lotto, per quanto ci si possa preparare prima: non sappiamo mai veramente come andrà a finire, se alla fine saremo contenti o no. Si ricomincia sempre tutto da zero, o quasi, con tante difficoltà . Ma penso anche che questo ci fortifichi ogni volta di più come coppia e come famiglia.
Un uomo del sud divertente e brillante come te, in quale città si è sentito più a suo agio?Â
Sicuramente Hong Kong, dove abbiamo vissuto per quasi quattro anni. Lavoravo sei giorni su sette, e per tredici o quattordici ore al giorno ma in un ambiente così bello che ci divertivamo tantissimo.
La mia personalità poteva esprimersi senza barriere e ho avuto occasione di conoscere gente di altissimo livello e di fare grandissime esperienze. Invece, per esempio, il mio essere l'”Italiano estroverso” della situazione, in Giappone ha patito molto. Non riuscivo a trovare il giusto spazio. Sempre attenti a non fare/dire cose fuori luogo, sempre attenti alla forma…sicuramente contrario al mio modo di fare e di essere.
Quanto è importante fare coppia con una donna che proviene dallo stesso ambiente lavorativo e dunque ne comprende i ritmi folli?
È essenziale, non vedrei altro modo. Quale donna capirebbe che tutte le sere si sta al lavoro e non si torna prima delle 22. Che i weekend sei al lavoro e potenzialmente finirai anche più tardi. Che durante le feste sei ancora più preso… Onestamente non so come facciano altri, che non hanno la mia stessa fortuna. Il nostro è un mondo a parte (il mondo dell’Hospitality, ndr) , anche i nostri amici provengono, in maggioranza, dallo stesso ambiente. Questo perché si va fuori a cena durante la settimana nei giorni di riposo, quando siamo tutti liberi. Il weekend si lavora tanto, raramente si organizzano uscite o incontri. Insomma abbiamo completamente altri ritmi!
Hai sempre sognato di vivere all’estero o è capitato?Â
Direi che una piccola voglia di vedere cosa ci fosse fuori dal mio Paese c’è sempre stata, certo non mi aspettavo di andare dall’altra parte del mondo e che mia figlia nascesse a Taipei! Però trovo tutto questo affascinante e sono contento di come tutto stia andando. Molto probabilmente mi sarei sentito limitato se fossi rimasto a vivere e lavorare nel mio paese in Puglia.
Vorresti tornare in Italia un giorno oppure pensi a te stesso come Expat per sempre?Â
Ho sempre “mixed feelings” a riguardo, un giorno vorrei mollare tutto e tornarmene, il giorno dopo mi dico che mai e poi mai tornerò in Italia! Diciamo che se ci fosse la giusta proposta, e se ne valesse veramente la pena, torneremmo subito, ma sicuramente non sto morendo dalla voglia. In generale, direi che posso considerare un avvicinamento all’Europa, per il resto l’Italia mi va bene un paio di volte l’anno in vacanza.
Cosa ti pesa di più del vivere all’estero?Â
Penso un po’ come tanti, la difficoltà di trovare i prodotti a cui siamo abituati, e, nel fortunato caso in cui si trovassero, di doverli pagare un prezzo spropositato. Per il resto la distanza dalla famiglia e dagli amici. Ogni vacanza è sempre una corsa per vedere tutti, a lungo andare sta diventando stancante. Poi da quando c’è Beatrice, la nostra bimba, sicuramente mi dispiace che i nonni non possano godersela come vorrebbero… e lei non può vederli semplicemente quando desidera. Questo pesa parecchio…
Dal punto di vista lavorativo, in quale città hai vissuto di più il “cultural shock“?
Devo dire che appena arrivato a Hong Kong, lo shock lavorativo è stato bello grande. Abituati al nostro mondo raffinato della ristorazione gastronomica, ai modi di fare eleganti della clientela monegasca (lavoravamo entrambi nel Principato di Monaco, ndr), lavorare a Hong Kong è stato un bel trauma.
Però devo dire che è anche passato abbastanza presto e il fatto stesso di essere circondato da tantissimi stranieri ha attenuato il colpo. Invece il Giappone, nonostante i quattro anni già trascorsi in Asia, mi ha dato un grande shock di cultura sia lavorativa sia personale. Un posto come il Giappone non esiste al mondo, la loro è una cultura diversa e complessa, ed è duro adattarsi. Infatti i primi sei mesi volevo scappar via!
Crescere Beatrice senza aiuti: come senti questa responsabilità come papà ?Â
In generale credo che come papà le responsabilità siano grandi ovunque, ma che all’estero crescano: non esiste alcun supporto familiare, siamo noi tre e basta. Io e mia moglie prendiamo le decisioni sempre insieme cercando di darle il meglio, ma spesso non basta. È la nostra prima figlia, siamo inesperti, il timore di sbagliare è sempre fortissimo. Davanti ad una decisione cerco sempre di pensare a come sono cresciuto io, e a cosa farebbero i miei genitori nella stessa situazione, ma a volte non basta: tempi, ambiente, sono completamente diversi. Così alla fine mi affido al buon senso, e al sentimento di cercare sempre e comunque di far prevalere la sua sicurezza e la sua felicità ad ogni costo.
Insomma, grazie a mio marito e alla sua pazienza, e per fortuna che c’è lui!Â
E i vostri mariti come risponderebbero a queste domande?Â
Veronica, Taiwan
Bellissima intervista!!
Grazie Elena bella 😉
Bell’idea questa intervista! Però non ho capito: come fate con la bambina, da soli, se avete entrambi quei ritmi di lavoro?
Cara Mamma Avvocato, grazie per il complimento! Forse non era specificato bene nell’articolo, ma io sono in pausa dal lavoro per ora! Proprio perche lavorare per me significherebbe asilo piu tata = bimba che ci vede due giorni alla settimana in pratica! vediamo cosa succedera in futuro!